Enterococcus_faecalis
30/07/2020

Enterococcus faecalis in gravidanza

By MomCamp

Gravidanza in corso? Bene, tanto per non farvi mancare niente,  potreste incappare nel rischio di contrarre un’infezione da Enterococcus faecalis. No, non allarmatevi più di tanto, non è necessario. Però siate prudenti e non esitate a contattare il medico alla minima avvisaglia.

Se volete approfondire la vostra cultura in ambito medico o semplicemente vorreste saperne di più, continuate a leggere: avrete tutte le informazioni del caso.

Di cosa si tratta? Come si contrae?

Come avrete di certo già capito si tratta di un batterio, uno di quelli che è praticamente impossibile non trovare dappertutto e, per ironia della sorte, che si dimostra sempre difficilissimo da debellare. Uno dei luoghi in cui è più facile incontrare questo fastidioso esserino è l’apparato gastrointestinale dei mammiferi, esseri umani compresi.

La sua azione si traduce di norma in infezioni non certo allarmanti e ad oggi curabilissime. Se però trascurato, quest’odioso microrganismo scatena nel corpo patologie molto più complicate da tenere sotto controllo e che, se ulteriormente prese sotto gamba, possono addirittura condurre alla morte.

Nel caso in cui siate in dolce attesa poi deve essere una vostra preoccupazione (come se già ne aveste poche) accertarvi di non aver contratto alcun tipo di infezione alle vie urinarie: esse infatti possono determinare addirittura la rottura del sacco amniotico. E indovinate chi potrebbe essere il responsabile di tutto ciò: lui, il solito inopportuno Enterococcus faecalis.

Ma come si contrae un’infezione dovuta a questo batterio? Paradossalmente, un po’ come avviene per malattie quali l’epatite, questo genere di patologie può derivare proprio dalla frequentazione di luoghi che, almeno idealmente, dovrebbero essere asettici e sterilizzati. Non è un caso infatti che endocarditi, generici disturbi a carico dell’apparato urinario, sepsi, meningiti ecc. vengano definite anche infezioni nosocomiali. In linea di massima è possibile affermare che il batterio sembra diffondersi soprattutto nei distaccamenti ospedalieri in cui si ospitano pazienti oncologici, nei reparti di terapia intensiva oppure ancora tra i ricoverati di urologia. Cosa accomuna questi dipartimenti? L’uso frequente di cateteri che, purtroppo, in certi casi non sono sterili come ci si aspetterebbe.

Un’altra causa di contagio può essere anche l’ingestione diretta ed inconsapevole del batterio: basta dissetarsi con acqua infetta o assaggiare della carne o della frutta contaminata. Come difendersi? Ovviamente non ingurgitando alimenti e bevande di dubbia provenienza o mal conservati. In secondo luogo è sempre raccomandabile lavare con una certa cura frutta e verdure e cuocere adeguatamente tutti gli alimenti, soprattutto le carni ed i pesci.

Gli strumenti diagnostici

Adesso però, onde evitare inutili isterie di massa, è bene imparare a conoscere e riconoscere il nemico: esiste un modo migliore per combatterlo? In genere, soprattutto durante la gravidanza, è bene sottoporsi periodicamente ad esami specifici quali analisi fecali e tamponi vaginali. Questi test possono infatti essere rivelatori anche nel caso in cui non si siano ancora manifestati evidenti segni della presenza del batterio.

Tra i due metodi il più fastidioso, come da prassi, sembra essere quello più efficace. Il tampone vaginale infatti consente alle donne in gravidanza di avere risultati sicuri in lassi di tempo molto meno lunghi rispetto a quanto avviene nel caso delle colture fecali. Esse infatti presentano una difficoltà di fondo non certo trascurabile: all’interno dei nostri prodotti di scarto vivono e proliferano una gran quantità di batteri e microrganismi. Non sempre è semplice individuarli, isolarli ed esaminarli. Da qui la necessità di tempi maggiori e l’affidabilità alta ma non totale dell’esito dell’esame.

Se questi ultimi sono positivi, ossia se risulta che nel vostro corpo il batterio prolifica beatamente, fate in modo che anche il vostro partner si sottoponga quanto prima a degli accertamenti di routine; non è impossibile infatti che anche lui abbia contratto la malattia che vi verrà diagnosticata dal medico non appena avrà tra le mani gli esiti delle vostre analisi.

Curare un’infezione da Enterococcus faecalis

La cura di una qualsiasi delle infezioni provocate dall’ Enterococcus faecalis è possibile, ma non molto semplice. Come accennato in precedenza infatti il batterio è molto resistente e molte volte l’azione del semplice antibiotico è inutile o eccessivamente lenta.

In genere quindi ai pazienti si prescrive una cura a base di farmaci combinati a cui non è raro che si associno anche dei fermenti lattici. Ma non finisce qui. Il dottore, per quanto possa essere imbarazzante, vi farà anche delle domande circa la cura che avete della vostra igiene personale e, se lo dovesse ritenere necessario, vi raccomanderà di dedicarvi… qualche attenzione in più. A tale scopo non è raro che vi si consigli di usare dei saponi intimi a base di euclorina, un antisettico pensato ad hoc per curare e addirittura prevenire malanni ai danni delle parti più delicate del corpo. In molti casi poi è possibile anche che vi si raccomandi di far ricorso ad ovuli vaginali.

Solitamente le cure cominciano a dare i primi risultati, o nei casi più fortunati possono essere del tutto interrotte, una volta trascorsa una quindicina di giorni dal loro inizio. Molto probabilmente, per essere certi che tutto sia tornato a funzionare bene e che l’ospite indesiderato abbia migrato verso altri lidi, vi verrà richiesto di sottoporvi nuovamente a tampone vaginale se siete donne, ad altri esami di routine se invece siete dei maschietti.

Foto by Enterococcus_faecalis_SEM_01.png: * Photo Credit: Janice Haney CarrContent Providers(s): CDC/ Pete Wardellderivative work: F. Lamiot (Enterococcus_faecalis_SEM_01.png) [Public domain], via Wikimedia Commons.